Non si ferma la scalata della Repubblica Ceca alla Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità. A farle superare quota 15, il riconoscimento appena concesso al grande bosco inviolato di faggi (ma non solo) che ammanta i Monti Iser, dallo straordinario valore naturalistico.
Non è, ovviamente, un bosco qualsiasi, quello adocchiato –e promosso- dall’Unesco in Boemia settentrionale, in occasione della sua ultima assegnazione di riconoscimenti, lo scorso luglio.
Siamo al confine con la Polonia, sulle pendici dei Monti Iser, ammantate –sul versante nord-orientale- dai 27 chilometri quadrati della riserva naturale dei Monti Iser, appunto. In pratica, una distesa fitta e verdissima di antichi faggi che, seppur meritevole da sola del riconoscimento Unesco, lo condivide con altri 99 siti –in 12 Paesi del vecchio continente- sotto il nome di Foreste primordiali dei faggi dei Carpazi e di altre regioni d’Europa.
L’unicità di questo luogo parte già a monte, nel vero senso della parola: la geomorfologia ripida e aspra di queste montagne le rende poco accessibili, preservandole dall’escursionismo di massa e da sconsiderati interventi antropici. E’ così che si è salvata, intatta e ancora selvaggia, anche la foresta di faggi. Sotto tutela Unesco, la speranza è che continui a mantenersi integro un patrimonio di alberi che già sfoggiano in gran parte oltre 100 anni e che, salvaguardati, possono ambire a una aspettativa di vita di 350 anni.
Sebbene il faggio, con tutte le sue meravigliose caratteristiche, sia il re indiscusso della foresta, ad affollare (e rendere magico) questo luogo di fiaba sono anche tanti altri suoi sudditi: sorbi, tigli, abeti, abeti rossi, querce… la cui veneranda età, in alcuni casi, arriva a toccare i due secoli.
Questo paesaggio già unico e silenzioso –alla cui primitiva bellezza contribuiscono anche affascinanti conformazioni rocciose vestite di muschio, accarezzate da ruscelli e sferzate da cascate- custodisce un cuore ancora più segreto e inviolato: un’area non solo protetta, ma completamente integrale. Questa “bolla” di bosco dal 2007 è sottoposta a una politica di non intervento: animali e vegetali che la abitano non solo non vengono minacciati, ma sono lasciati liberi di crescere, evolvere e deperire come natura loro impone. Ceduta a uno sviluppo assolutamente spontaneo, quest’area è un esempio raro di foresta mitteleuropea, altrove andata perduta o artificiosamente modificata.
Chi voglia dunque ammirare l’aspra bellezza della faggeta, magari proprio ora che l’autunno regala la sua tavolozza di colori, si prepari dunque non solo a rispettarla e a faticare parecchio su dislivelli impegnativi, ma anche a rinunciare a tutti quei servizi e infrastrutture turistici tipici di luoghi più accessibili e meno fragili.
Siamo al confine con la Polonia, sulle pendici dei Monti Iser, ammantate –sul versante nord-orientale- dai 27 chilometri quadrati della riserva naturale dei Monti Iser, appunto. In pratica, una distesa fitta e verdissima di antichi faggi che, seppur meritevole da sola del riconoscimento Unesco, lo condivide con altri 99 siti –in 12 Paesi del vecchio continente- sotto il nome di Foreste primordiali dei faggi dei Carpazi e di altre regioni d’Europa.
L’unicità di questo luogo parte già a monte, nel vero senso della parola: la geomorfologia ripida e aspra di queste montagne le rende poco accessibili, preservandole dall’escursionismo di massa e da sconsiderati interventi antropici. E’ così che si è salvata, intatta e ancora selvaggia, anche la foresta di faggi. Sotto tutela Unesco, la speranza è che continui a mantenersi integro un patrimonio di alberi che già sfoggiano in gran parte oltre 100 anni e che, salvaguardati, possono ambire a una aspettativa di vita di 350 anni.
Sebbene il faggio, con tutte le sue meravigliose caratteristiche, sia il re indiscusso della foresta, ad affollare (e rendere magico) questo luogo di fiaba sono anche tanti altri suoi sudditi: sorbi, tigli, abeti, abeti rossi, querce… la cui veneranda età, in alcuni casi, arriva a toccare i due secoli.
Questo paesaggio già unico e silenzioso –alla cui primitiva bellezza contribuiscono anche affascinanti conformazioni rocciose vestite di muschio, accarezzate da ruscelli e sferzate da cascate- custodisce un cuore ancora più segreto e inviolato: un’area non solo protetta, ma completamente integrale. Questa “bolla” di bosco dal 2007 è sottoposta a una politica di non intervento: animali e vegetali che la abitano non solo non vengono minacciati, ma sono lasciati liberi di crescere, evolvere e deperire come natura loro impone. Ceduta a uno sviluppo assolutamente spontaneo, quest’area è un esempio raro di foresta mitteleuropea, altrove andata perduta o artificiosamente modificata.
Chi voglia dunque ammirare l’aspra bellezza della faggeta, magari proprio ora che l’autunno regala la sua tavolozza di colori, si prepari dunque non solo a rispettarla e a faticare parecchio su dislivelli impegnativi, ma anche a rinunciare a tutti quei servizi e infrastrutture turistici tipici di luoghi più accessibili e meno fragili.