Dietro ogni angolo ci attende una sfida, dice Václav Marhoul, regista del film "Nabarvené ptáče" (L'uccello dipinto)

Dietro ogni angolo ci attende una sfida, dice Václav Marhoul, regista del film "Nabarvené ptáče" (L'uccello dipinto)

La cerimonia della consegna degli Oscar del 2021 è alle porte e desideriamo presentarvi interessanti progetti cinematografici e grandi registi cinematografici cechi.

Dietro ogni angolo ci attende una sfida, dice Václav Marhoul, regista del film "Nabarvené ptáče" (L'uccello dipinto)
Il primo è Václav Marhoul. Ha diretto il film "Nabarvené ptáče" (L'uccello dipinto), tratto da un libro di Jerzy Kosiński. Anche se è "solo" il suo terzo film da regista, è costato oltre 170 milioni di corone e ci ha lavorato circa 11 anni della sua vita.
In Repubblica Ceca, "Nabarvené ptáče" è stato visto da oltre 100 000 spettatori e, dopo diversi anni, è anche il primo film ceco ammesso al concorso principale del prestigioso festival di Venezia. È stato inoltre incluso nell'elenco ristretto dei candidati all'Oscar. E ora Marhoul potrebbe girare il suo primo kolossal sul senatore americano anti-comunista McCarthy.

Signor Marhoul, "Nabarvené ptáče" è davvero un grande successo, no? Se l'aspettava, è una soddisfazione?
Non la definirei una soddisfazione. È meraviglioso, ma non giro film per andare a Venezia o vincere l'Oscar. Non dovrebbe essere così, secondo me. Non ho girato il film con questa ambizione, volevo solo rappresentare bene la storia. Sentivo l'urgenza di girare il film, raccontare una storia senza tempo di un piccolo eroe. Per questo motivo, i riconoscimenti mi hanno fatto immenso piacere, ma si tratta solo di un valore aggiunto al mio lavoro.



L'appetito vien mangiando, quindi improvvisamente potrebbe sembrare che il film possa ottenere davvero grandi riconoscimenti, e non credo che questo le dispiaccia…
No, non mi dispiace, ovviamente. Però l'arte non si crea per questo.

Si ricorda quando ha pensato per la prima volta "Girerò "Nabarvené ptáče", il grande libro di Jerzy Kosiński"? So che è iniziato nel 2007, ma quando ha sentito l'urgenza?
Mentre leggevo il libro. Ammetto persino di essermi reso conto di voler girare l'adattamento cinematografico del libro dopo le prime pagine. Non l'avevo ancora finito, non avevo ancora capito bene di cosa trattasse il libro, ma ogni frase era stimolante, emozionante, addirittura ogni capoverso era per me un enorme affresco.

Perché ha deciso di leggere il libro?
Me lo ha consigliato il mio amico artista Jiří David. Purtroppo, non abbiamo mai il tempo per scoprire esattamente che cosa c'è di nuovo sul mercato del libro, che cosa vale realmente la pena leggere. Se la vita fosse un po' più lunga, leggerei più libri, quelli che realmente dovrei leggere. Tuttavia, ho comprato "L'uccello dipinto" e così è iniziato tutto. La storia è incredibilmente pesante, graffiante, mi rendo conto che molte persone possono metterci anche sei mesi per leggere tutto il libro.

Ma non è il suo caso, suppongo...
L'ho letto in 5 ore.

Dove l'ha letto? Credo che sia importante dirlo...
L'ho letto in una bellissima città della Boemia meridionale: Český Krumlov.



E poi che cosa è successo?
Anche se sapevo che mi sarebbe piaciuto girare un adattamento cinematografico del libro, ero anche consapevole che sarebbe stato probabilmente molto difficile acquistare i diritti d'autore. E, poiché non ci credevo, ho cercato di allontanare l'idea da me. Alla fine, mi sono reso conto che non avrei potuto rinunciarci, che dovevo provarci.

Non ha pensato che sarebbe stato impossibile girare il film in Boemia?
Non avevo paura di fare il passo più lungo della gamba. No, non era questo il problema. "L'uccello dipinto" è un bestseller internazionale. Questo era l'ostacolo. Avevo paura che non sarei mai riuscito a ottenere i diritti in quanto regista e produttore sconosciuto. Sapevo che molti altri avevano provato e non ci erano riusciti.

E allora come ha fatto ad acquisirli?
La ricerca di chi possedeva i diritti non è stata affatto facile. Kosiński si è suicidato a New York nel 1991 e non aveva figli, nonostante i due matrimoni. Così, in questa situazione, io e il mio avvocato Petr Ostrouch abbiamo scoperto che i diritti erano detenuti da due istituzioni: la grande casa editrice ebraica Spertus di Chicago e la fondazione della seconda moglie di Kosiński. C'era il rischio di finire in tribunale, ma alla fine, per quanto ne so, si sono accordati e i diritti sono passati sotto la gestione della Spertus. In seguito, li ho contattati e ho iniziato a negoziare con loro. Dalla prima richiesta al momento in cui avevo in mano il contratto firmato erano passati 22 mesi in totale.

Il libro è straordinario, ma anche pesante. È stato difficile girare il film?
Per girare un film occorrono due cose. La prima è ciò che si vive come regista, le emozioni che si provano. La seconda riguarda le difficoltà tecniche e logistiche. Questo film è stato difficile in ogni aspetto.

La sceneggiatura deve trovare la risposta alla domanda "Perché?". Il regista cerca quindi la risposta alla domanda "Come?". Ma se si ha la percezione di come raccontare la storia, le immagini e le riprese iniziano a saltar fuori da sole, in modo abbastanza logico. Durante le riprese, io e il direttore della fotografia, Vladimír Smutný, eravamo un solo corpo, una sola anima. Perché anche lui ha sentito molto questo film. Per questo, a differenza dei nostri film precedenti, non avevamo una sceneggiatura tecnica. Sapevamo cosa volevamo girare ogni giorno, ma tutte le riprese sono state create al momento, sul set. Ci siamo lasciati "trascinare emozionalmente" da ogni scena. È stato fantastico.

Ha seguito un ordine cronologico?
Sì, anche. È stata anche una sfida incredibile, perché la storia è stata completata, modificata, compreso l'interprete del bambino protagonista. Un bel lavoro. Ogni giorno non vedevo l'ora di iniziare le riprese. Ma è stato difficile, è vero.

Ha letto il libro a Český Krumlov e ci ha scritto anche la sceneggiatura. È un posto importante per lei?
È il mio posto. Suonerà un po' mistico, ma una volta, nel 2002, mi sono trovato a fare un'esercitazione militare a Boletice, una grande zona militare che si trova nelle vicinanze. Quando è finita l'esercitazione, mi sono detto che era da molto tempo che non vedevo Český Krumlov e che quindi sarei dovuto andarci. Quindi, ho passeggiato nella città vecchia, in particolare per la via Radniční, dal vecchio ponte fino alla piazza, e a destra ho visto un bel palazzo medievale, l'hotel "U malého Vítka". Improvvisamente, qualcosa mi ha fermato, mi sono girato e ho sentito l'energia che emanava questo palazzo. Ho capito che quello era il mio posto. Così, ho finalmente finito di scrivere tutti i miei film lì, "Mazaný Filip" (Filip lo scaltro), "Tobruk" e "Nabarvené ptáče" (L'uccello dipinto). In tutto questo tempo, a Krumlov sono diventato una sorta di "forestiero praghese", ho conosciuto tante persone e ho curiosato dappertutto. Ma soprattutto, è un luogo dove riesco a creare incredibilmente bene.

Sono quelle cose tra il cielo e la terra a cui ogni tanto si crede, no?
Io ci credo molto. Per me, l'intuizione è una sorta di faro nelle tenebre e nelle violente tempeste. La scrittura è creatività, non un lavoro.  Il lavoro implica normalmente diverse azioni pragmatiche che non elevano lo spirito. Ma la creatività è una categoria completamente diversa. Bisogna concentrarsi, estraniarsi, almeno nel mio caso, dal mondo. Attivare la parte femminile del cervello nel senso buono del termine. L'unico modo per creare è dare libero sfogo alle sensazioni, non scrivere secondo modelli, manuali, righelli e calcolatrici. Secondo me, non è neanche possibile farlo bene in un altro modo. Ma questa è solo una mia opinione.

Come ha messo insieme il cast di "Nabarvené ptáče"? Quando ha pensato a star straniere come Udo Kier, Harvey Keitel, Stellan Skarsgard, Julian Sands, Barry Pepper?
Potrei parlarne per ore perché non è stato affatto facile. Come regista, non ho affidato loro i ruoli perché sono stelle del cinema internazionale. L'ho fatto semplicemente perché credevo e ritenevo che avrebbero recitato alla grande, erano adatti ai ruoli, erano semplicemente i migliori. Ricordo esattamente il momento in cui improvvisamente mi sono reso conto che, visto che "L'uccello dipinto" era un bestseller, potevo permettermi di contattare chiunque. Ero improvvisamente come un bambino in un negozio di giocattoli, se capisce cosa intendo. Per un caso fortuito, anche questo è successo a Český Krumlov.



E chi è stato il primo di questi attori?
Il primo ad essere ingaggiato è stato Stellan Skarsgard. Ma si tratta di una lunga storia, perché lo avevo conosciuto per puro caso all'inizio degli anni '90. Per quanto riguarda gli altri, ho dovuto affrontare il problema che non avevano mai sentito parlare di me. Chi è Marhoul? Che cosa ha già girato? Che tipo di persona è? Non sapevano nulla di me, ma fortunatamente tutti conoscevano il romanzo. Erano curiosi di scoprire come fossi riuscito ad adattare il libro alla sceneggiatura di un film. Questo è ciò che mi ha salvato ed aiutato particolarmente. Insieme, ovviamente, alla sceneggiatura stessa. L'ultimo è stato Barry Pepper, che molti ricordano nel film di Steven Spielberg "Salvate il soldato Ryan", dove recita il ruolo del cecchino. Con il suo agente è stato tutto molto più semplice, anche perché la prima cosa che chiedono gli agenti è "Chi altro c'è nel film?". Quando sono iniziate le trattative con Barry, avevo già ingaggiato Stellan, Harvey Keitel e Udo Kier. L'agente di Barry ha quindi preso subito sul serio la mia offerta.

Così ho ingaggiato tutti uno dopo l'altro, tranne John Malkovich, il cui ruolo è stato poi affidato al grande Julian Sands. Con John ci siamo visti due volte, gli piaceva la sceneggiatura, ma alla fine ha ottenuto un ruolo più grande e un'offerta migliore di quanto io potessi dargli e, se ricordo bene, nello stesso periodo stava lavorando a New Orleans. Ma l'ingaggio di Julian si è rivelato un arricchimento. A causa della fisiognomica e dello stile diversi, ho dovuto parzialmente riscrivere l'intero capitolo dal titolo "Il prete e Garbos", trovare altre soluzioni, altri motivi psicologici. Alla fine, questo cambio di attori ha portato dei benefici al film. 

In ogni caso, il cast di "Nabarvené ptáče" è veramente internazionale. Nel film recitano anche attori provenienti da Ucraina, Polonia, Slovacchia, Germania, Repubblica Ceca e Russia, in particolare Aleksei Kravchenko. Volevo tanto che recitasse nel film. A tredici anni, ha interpretato il ruolo del protagonista nel film "Va' e vedi" di Elem Klimov del 1985, che considero uno dei migliori al mondo. E la sua recitazione da bambino fu fenomenale. Forse mi perdonerà se lo confronto, almeno parzialmente, al bambino protagonista del mio film, Péťa Kotlár di Český Krumlov. Come vede, siamo tornati a parlare di questa importante città.
 
Com’è stato lavorare con attori famosi?
La collaborazione è stata straordinaria. Anche perché avevo un'ottima troupe. Hanno subito avvertito di essere in un luogo (in questo caso non intendo solo le belle località in cui abbiamo girato) in cui regna una professionalità positiva. Hanno visto come lavoravano i membri della troupe, come comunicavano, come si comportavano tra loro, che atmosfera c'era… Penso che si sentissero bene e incredibilmente rilassati. Nel mio caso, le nostre relazioni sono state fortemente influenzate dal fatto di aver sempre analizzato con loro i rispettivi ruoli, ne parlavamo in anticipo, cercando sempre di comprenderli insieme fino in fondo. Ma non ho lavorato così solo con loro, ma con ogni attore senza eccezioni.

È nato un rapporto più stretto tra di voi?
Ci scriviamo e siamo ancora in contatto. Oggi (13/5), ad esempio, ho scritto ad Harvey per fargli gli auguri di buon compleanno.

La storia dell'attore protagonista, Petr Kotlár di Český Krumlov, è interessante. Originariamente doveva recitare il fratello Michal?
Possiamo filosofeggiare per un attimo e chiederci se è stato il destino o una coincidenza. Anche se andavo male in fisica a scuola, amo penetrare nei misteri di quella quantistica. Quindi possiamo definire verbalmente la situazione con una bella frase che amo: il destino è un cocchiere pazzo che frusta un ronzino furioso chiamato coincidenza. Quindi non c'è scelta.

Ho visto Michal per la prima volta nel ristorante "Cikánská jizba" di Český Krumlov, che si trova a pochi passi dal mio albergo. Ogni sera, dopo il lavoro, andavo a bere il vino in quel posto. Un giorno suonava un gruppo zigano, li conoscevo, poi improvvisamente è apparso un ragazzo che suonava divinamente il violino. Era il nipote del responsabile del ristorante, Milan, e aveva un aspetto fantastico, sembrava il Franz Kafka rom. Ho iniziato a metterlo alla prova, a testarlo, ma gradualmente ho scoperto che Míša era un introverso e quindi non avrebbe funzionato con lui. Non si riesce a lavorare davanti ad una telecamera con i bambini che sono timidi e si tengono le cose per sé.

Sono trascorsi altri tre anni, ero di nuovo a Český Krumlov, dove presentavo una partita di football americano allo stadio di atletica locale nell'ambito delle giornate militari per celebrare la liberazione. All'improvviso mi chiama un ragazzino: "Ciao zio, sono io! Sono io! Lo gnocchetto!". Non sapevo chi fosse, poi ho cominciato a ricordare e gli detto: "Aspetta... Tu sei Péťa, il fratello di Míša. È vero?". È stato come un'apparizione, avevo completamente dimenticato che Míša avesse un fratello, perché quando volevo lavorare con lui, Péťa era così piccolo che l'avevo completamente perso di vista.



Ma lui si ricordava di lei e si è fatto vivo…
Esatto. Péťa… Destino o coincidenza… In ogni caso, l'esatto opposto di Míša. Estroverso, tutto pepe, non stava fermo, non si sedeva, era costantemente interessato a qualcosa, era curioso…

Ho sentito che a volte non era facile, non gli piaceva girare le scene. Ha dovuto anche fare attenzione affinché un film così duro non avesse un impatto sulla sua psiche. Cosa ha fatto per evitare che ciò accadesse?
Prima delle riprese ha avuto un colloquio di prova con lo psicologo clinico Václav Mertin. E l'esito è stato da dieci e lode. Ha semplicemente un carattere felice. Infatti, è costantemente di buon umore. Eppure, è incredibilmente percettivo, paradossalmente alcune cose non gli arrivano perché ha così tante cose, ma così tante altre cose nella testa che riesce a mantenere le percezioni solo a breve termine. Così, quando ho girato con lui una scena davvero difficile, che lei ci creda o no, se avesse chiesto dopo cinque minuti che cosa aveva girato un attimo prima, non lo avrebbe quasi più ricordato.

Naturalmente, ho usato anche un po' di "mestiere", nel senso che in alcune scene particolarmente forti non c'era affatto, anche se, grazie al montaggio, guardando il film pare che ci sia. Un esempio può essere una delle scene più brutali, in cui le donne del villaggio uccidono sul prato Ludmila, interpretata dall'attrice ceca Jitka Čvančarová, mentre Péťa assiste a questo atto folle. In realtà, in questa scena, la telecamera riprendeva da due angolazioni diverse, a sinistra c'era Péťa, a destra Ludmila. La mattina ho girato tutte le riprese con Péťa e poi l'ho mandato via.  Nel pomeriggio, abbiamo girato con la telecamera dall'altra angolazione il resto della scena senza di lui. Il montaggio è un mago potente. Grazie ad esso, la presenza di Péťa appare assolutamente verosimile.
 
Péťa ha dovuto vivere con la troupe per la maggior parte del tempo?
Sì, e penso che sia stata una delle cose più difficili per lui, perché durante le riprese non aveva coetanei intorno a lui, è stato con gli adulti per tutto il tempo, tranne poche eccezioni. Tuttavia, era sempre accompagnato dalla nonna e aveva due coach a sua disposizione che si alternavano. Pertanto, durante le riprese, giocava o studiava con loro o facevano vari scherzi. Non c'è stato un solo minuto in cui non ci fosse qualcuno che si dedicasse a Péťa. 

C'era fiducia da parte della famiglia di Péťa?
Ci conosciamo da tantissimo tempo… Sì, la fiducia era enorme.



Prima di "Nabarvené ptáče", ha girato il film di guerra "Tobruk" sui soldati cechi sul fronte africano durante la seconda guerra mondiale. Anche "Nabarvené ptáče" è ambientato nel periodo della guerra. È una coincidenza o le storie di guerra la attraggono?
"Tobruk" è davvero un classico dramma di guerra basato sul destino degli individui che si trovano "incastrati" negli ingranaggi della guerra… "Nabarvené ptáče", invece, è secondo me un genere diverso. Per me, è una storia universale senza tempo che può accadere ovunque. Il fatto che sia ambientato nel periodo della seconda guerra mondiale è dovuto al libro da cui è tratto il film. Tuttavia, il periodo non è importante. Sotto alcuni aspetti, la guerra è di per sé importante. La guerra porta solo il peggio, genera e sostiene le peggiori qualità negli esseri umani. Per questo motivo, "Nabarvené ptáče" è per me un film psicologico, non un film di guerra.

Lei è regista, produttore e sceneggiatore, ma è anche un soldato, da qualche parte ho sentito dire che l'attende un servizio militare di sei mesi. Perché? Perché l'ha scelto?
Dovevo recarmi in Afghanistan per una missione, ma poi ho annullato il viaggio perché, in primo luogo, c'è stata una riduzione del contingente e, in secondo luogo, avevo anche meno tempo a causa delle mie responsabilità lavorative. Ma, visto che stiamo parlando dell'esercito… Molti pensano che il motivo del mio servizio volontario sia che mi piacciono le armi o le uniformi. Non li biasimo, non ne sanno niente, ma dal mio punto di vista è la spiegazione più stupida e semplicistica che ci sia. Sono una persona che è stata educata nel rispetto dei soldati e di tutte le persone che hanno lottato per la nostra libertà. Quindi sono un idealista? Sì. Questo è esattamente ciò che sono. Credo che il male debba essere semplicemente combattuto. E nella vita, purtroppo, ci sono momenti in cui bisogna imbracciare il fucile, perché non ci sono alternative. Tuttavia, in questo contesto è importante capire che viviamo in una democrazia, che possiamo usare un'arma soltanto ed esclusivamente sulla base di una decisione politica, è importante capire che l'uso della forza è istituzionalizzato. Purtroppo, nei paesi in cui il sistema è crollato, dove tutto ha cessato di funzionare, spesso anche leggi e regole locali, e dove le persone soffrono per il terrorismo o la criminalità organizzata, è vero il contrario.

Penso al massacro di Srebrenica durante la guerra nell'ex Jugoslavia, quando il contingente olandese si ritirò, permettendo all'esercito serbo di uccidere i civili…
Probabilmente non si ritirarono, divennero semplicemente testimoni diretti e passivi dell'assassinio di oltre ottomila persone. Il generale olandese eseguì semplicemente gli ordini. E, soprattutto, il suo mandato. Cioè di non intervenire. E fece esattamente questo. Se avesse fatto il contrario, sarebbe finito davanti ad un tribunale militare. Dovette essere un terribile dilemma. Ho pensato molto a questo fatto… Se fosse successo a me, avrei preferito andare a processo che vivere fino alla fine dei miei giorni con i sensi di colpa e gli incubi provocati dalle immagini di tutti quegli orrori. Vivere interrogandosi costantemente, cercando scuse e giustificazioni... è l'inferno sulla terra. In tali situazioni, al diavolo gli ordini militari che vengono dall'alto. In poche parole, non è possibile assistere passivamente ad omicidi e torture avendo la possibilità di intervenire. Un'altra variabile dell'equazione era che, se fossero intervenuti, molto probabilmente avrebbero perso la vita. È dura, è terribilmente dura una situazione del genere…

Suppongo che abbia ancora degli obblighi relativi a questo film di successo? Che cosa comporta tutto ciò e quando è il momento di dire "basta"?
Non posso dire "basta", perché la vita di un film, o la necessità di continuare a lavorarci, è nell'interesse dei festival cinematografici, distributori, giornalisti… Ma, in generale, si può dire che, dalla prima del film, il tutto dura circa un altro anno e mezzo. Ma ora ci si è messo anche il coronavirus e tutto è stato ritardato, rinviato. Avrei dovuto andare a Seul, New York, Amsterdam, Atene… Ma probabilmente è tutto solo rimandato. Finché persiste questa situazione, continuerò a dedicare la maggior parte della mia energia e del mio tempo a "Nabarvené ptáče".



Ha già pensato a che cosa potrebbe accadere dopo, il suo prossimo film?
Ho già ricevuto un'offerta dall'America e l'ho accettata.

Di che cosa si tratta?
Normalmente non avrei reso pubblica per un po' una cosa del genere, ma poiché è stata ufficialmente pubblicata sul server americano Deadline, grazie al successo di "Nabarvené ptáče" ho ricevuto un'offerta dalla prestigiosa agenzia CAA di Los Angeles, che rappresenta registi e attori. Mi hanno offerto tre sceneggiature. La prima è un western, una cosa meravigliosa perché girare un film di questo genere è il mio grande sogno. Ma non mi piaceva la sceneggiatura. Non ho nemmeno finito di leggere la terza sceneggiatura, perché la seconda mi ha colpito molto. È una storia buona, coerente, grande, c'è di che raccontare e riguarda i principi. Si chiama "McCarthy" e, come può intuire, è un film su Joe McCarthy, il senatore dei primi anni '50 diventato il simbolo della rovina e della distruzione di migliaia di vite negli Stati Uniti nella ricerca isterica dei cosiddetti comunisti. Quindi è un dramma politico.

Al momento ne stiamo parlando, ma non ho ancora firmato un contratto, quindi non è ancora deciso al 100%. Ma sembra promettente, e per me sarebbe una sfida davvero enorme. Lavorerei in un ambiente completamente diverso e dovrei affrontare così tante cose di cui al momento non ho la più pallida idea. Quindi è fantastico, perché sono una di quelle persone che non ha paura di scoprire cosa si nasconde dietro l'angolo. Al contrario, sono interessato a ciò che potrebbe accadere là. Qualunque cosa sia. Ogni angolo è una sfida. 

Ho sentito che ha scelto con cura delle belle località per girare "Nabarvené ptáče". In fondo, tutto è iniziato a Český Krumlov, la storica perla ceca, dove ha scritto, tra l'altro, la sceneggiatura. Ma come ha trovato gli altri posti, non erano pochi…
Ho iniziato a girare "Nabarvené ptáče" in Ucraina, abbiamo trascorso cinque settimane nella Volinia occidentale, a 15 km dal confine con la Bielorussia. Fiumi, paludi, foreste fitte, poche persone… E questo ha fondamentalmente determinato dove andare in seguito, come continuare a cercare luoghi in Boemia, come ricollegarsi all'atmosfera iniziale. Per questo ci è sembrata fantastica la Selva Boema, la catena montuosa nel sud-ovest del paese. Non ho mai capito pienamente il patriottismo della Selva Boema, ma ho cominciato a comprenderlo trascorrendoci del tempo e avendo l'opportunità di scoprire quanto fosse selvaggia e così splendidamente lontana dalla civiltà. Ad esempio, da Český Krumlov a Sušice, a Kašperské Hory, fino a Kvilda, in montagna, ci sono luoghi così incredibili dove quasi non si vede un solo edificio e neanche i fili dell'alta tensione. Chilometri e chilometri di natura selvaggia e incontaminata. Con il direttore della fotografia Vladimír Smutný siamo stati in tutti questi posti e lui si fermava e fotografava continuamente, ogni curva era meravigliosa e mostrava un altro scenario fantastico.

Oggi, per molti film, è il cosiddetto "location manager" che si occupa di trovare i luoghi per le riprese in esterna, vero?
Sì, e poi li mostra via skype al regista che è seduto da qualche parte nel mondo civile. Io invece devo andare in giro, sono all'antica, devo vedere tutto con i miei occhi. Perché solo andando di persona in un luogo si è in grado non soltanto di vederlo a 360 gradi, ma anche di sentire come "parla". Che lingua parla, che anima, storia, magia ha… No, questa cosa è insostituibile.

Può trovarne tanti di luoghi del genere in Repubblica Ceca, specialmente nella Boemia meridionale?
Sicuramente ce ne sono decine. Inoltre, la mia famiglia proviene in parte dalla Boemia meridionale e spesso vado lì con la compagnia teatrale, andiamo in barca sui fiumi locali. Ad esempio sull'Otava, dove si passa davanti all'imponente castello di Rabí, a belle colline, boschi, prati, ruscelli. Oppure lo stagno Rožmberský, presso il fiume Lužnice, che è unico perché è il più grande stagno d'Europa. Oppure la regione chiamata il "Canada ceco" con il castello di Landštejn, un paesaggio davvero mozzafiato. Vorrei augurare ai visitatori del nostro paese di vedere tutti questi luoghi.


 
Chi è Václav Marhoul
Václav Marhoul (Praga, 30 gennaio 1960) è uno sceneggiatore, regista, attore ceco (membro del teatro "Sklep" e della compagnia teatrale "Pražská pětka"), produttore, imprenditore, organizzatore di eventi culturali e manager. Dopo la rivoluzione di velluto, è stato per sette anni direttore generale degli studi cinematografici di Barrandov, ma ha anche preparato le celebrazioni per la fine della seconda guerra mondiale a Praga e Plzeň, nonché il programma culturale per il vertice degli Stati NATO di Praga. Ha girato i film "Mazaný Filip", "Tobruk" e la pellicola di maggior successo "Nabarvené ptáče", la cui prima si è tenuta a settembre del 2019. La sua produzione è costata 174 milioni di corone e probabilmente ha aperto la strada a Marhoul per girare altri grandi film internazionali.